Dobbiamo ricominciare a parlare. Di politica. Urlare, anche, con rabbia, nelle strade, nelle piazze, sui luoghi di lavoro, nei bar.
Intervenire sul web, sui giornali, sulle radio e le TV online, nei forum e nelle chat dei social network, ricominciare a scrivere sui muri, sui volantini. Organizzare riunioni, attaccare manifesti. Tornare a fare assemblee, aprire circoli e sezioni, fondare movimenti e associazioni. Ricominciare ad interessarci. Ai parcheggi fasulli, alla mondezza che ci seppellisce, alle speculazioni edilizie che ci cementificano, all’acqua che ci rubano, ai depuratori che non ci sono e quando ci sono non funzionano, alle strade scassate dove si muore come in guerra, alle case che ci crollano addosso col terremoto e senza terremoto, alle privatizzazioni fasulle, alle tasse che paghiamo e che molti non pagano, agli stipendi da nababbi che prendono alcuni e a quelli da fame che prendono altri, alla giustizia che non funziona e alle mafie che invece funzionano benissimo. Dobbiamo imparare di nuovo la politica perché molte cose le abbiamo dimenticate o non le abbiamo mai imparate. Imparare a parlare ed intervenire in pubblico, a capire quando dicono bugie e fesserie cioè quasi sempre. Capire dove è andato a finire il patrimonio immenso delle cosiddette privatizzazioni.
Scoprire quando con una legge sull’ecologia ci fanno pagare le schifezze, quando nel nome di Robin Hood ci prendono per il naso. Scoprire come mai abbiamo i servizi più vecchi e scassati e perché costano il doppio di prima.
Ricominciare a parlare. Di politica. Ma non a favore o contro tizio e caio, ma a favore dei nostri interessi e contro quelli che dei nostri interessi se ne fottono. Parlare dei soldi che non bastano, del lavoro che non c’è e quando c’è è sottopagato o tanto pericoloso da farci morire ammazzati, parlare dei ticket sanitari, dei mendicanti che si moltiplicano, delle pensioni che forse non avremo mai, delle truffe e degli imbrogli di cui siamo vittime, delle ingiustizie e della corruzione. Dobbiamo ricominciare a pensare anche. Alla nostra vita individuale e collettiva, al mondo che vogliamo per noi e per i nostri figli. Un mondo migliore, meno inquinato, più giusto, con meno violenza e meno mafie, con meno guerre. Dobbiamo ricominciare ad incazzarci.
Cosa è diventata l’Italia? Un sultanato, uno stato canaglia, il circo dove si esibisce un pagliaccio sciovinista? Lo dicono in tanti ora. Non più solo i comunisti, o gli assatanati magistrati di mani pulite. Lo dicono esponenti del liberalismo come Sartori e Ostellino, lo dicono giornali di tutta Europa. E non si tratta di attacchi rivolti al governo di centrodestra ma di definizioni che coinvolgono tutto il sistema politico italiano, i gruppi dirigenti e la stessa società italiana.
Spiace dirlo, ma nel mondo ci sono fischi e pernacchie per l’Italia tutta.
Dobbiamo preoccuparci per questo. Non fare spallucce che tanto è solo invidia per il capo del governo. Invidia de chè? Siamo nel bel mezzo di una crisi mondiale economico-finanziaria di
proporzioni colossali che non sappiamo come andrà a finire, anche perché non c’è, in questo momento, neanche nella società civile, e tanto meno nel mondo della politica, delle istituzioni, dell’economia, una presa di coscienza, un dibattito, una proposta qualsiasi, un progetto qualunque per uscirne fuori.
A guardarla bene sollevandosi un poco con la mente dal guazzabuglio gossipparo-propagandistico, la situazione italiana è veramente grave.
Da una parte le cifre di un disastro negato e affrontato solo con gesti scaramantici e con generici inviti all’ottimismo (PIL -5%, produzione industriale -15%, disoccupazione +8,5%, consumi delle famiglie -3%, prezzi settore alimentare +3%, esportazioni -19%, debito pubblico al massimo storico +6%, entrate tributarie -4,8%)... e via via elencando.
Dall’altra nessun programma, nessun progetto, nessuna indicazione. La strategia di regalie politico-elettorali e un arraffa arraffa generale, una guerra di tutti contro tutti, un si salvi chi può senza regole e senza misura. Ma questa è una crisi che non si affronta con il solito tran tran. Non bastano gli scongiuri e neanche l’appello all’ottimismo e i pochi miliardi rubati agli investimenti del sud.
Si dice che gli altri stati occidentali non stanno meglio anzi stanno peggio come dimostrerebbero alcuni indicatori. In Spagna la disoccupazione è più forte, in gran Bretagna alcune banche sono
fallite, in Germania la produzione industriale cala più velocemente...
Non ci illudiamo. Ognuno di questi stati ha solidità e punti di vantaggio notevoli rispetto all’Italia. Pensiamo all’efficienza della macchina burocratica francese, al welfare tedesco che copre ogni
abitante, anche quelli di pelle nera, dalla nascita alla morte, alle istituzioni locali inglesi. Facciamo un confronto mentale con l’Italia. Con gli enti locali nostri che sopravvivono rapinando i cittadini con falsi semafori, parcheggi come balzelli e mercato di oneri di urbanizzazioni, con la previdenza sociale che distribuisce pensioni baby e da nababbi e card da venti euro al mese, con la più dissestata macchina burocratica dell’occidente, con una giustizia che fa durare i processi per decenni, con una sicurezza fai da te e che non ha benzina per le macchine, con i nuovi e i vecchi poveri, con la nuova e vecchia corruzione, con i nuovi e vecchi sperperi, con le mafie, con uno stato
potente e invasivo, che fino a qualche decennio fa gestiva la mezza economia della nazione e che ora, sempre più potente e invasivo, non riesce neanche a raccogliere la mondezza...
E poi tutti gli stati d’Europa in questa crisi hanno fatto le loro mosse, spostato centinaia di miliardi di euro, mentre noi lì fermi a dire che tanto la crisi era passata e a fare il tifo per Marchionne.
Non dobbiamo fare finta di non vedere. Di non capire. Siamo in una situazione tremenda per di più aggravata dalla nostra incapacità ad affrontarla. Abbiamo utilizzato la campagna elettorale per le europee e le amministrative non per parlare dei trattati europei, della costituzione, dell’accordo tra stati per l’economia e la finanza, non per evidenziare proposte e progetti per venir fuori dalla crisi e per riassestare la nostra scassata macchina statale, non per trovare un accordo su riforme non più rimandabili. L’abbiamo giocata come al solito, come una guerra per bande, senza esclusione di colpi, come uno scontro tra clan rivali, per la conquista ed il mantenimento di posizioni di potere. Senza progetto, senza idee, senza partecipazione. Quale è il potere dei cittadini se alla fin fine sono costretti a votare sull’appeal o sulle schifezze di pochi “leaders”? Se a loro non è dato di conoscere chi è in gara e perché? C’è voluto l’intervento di Napolitano perché venissero concesse dai media alcune briciole di informazione vera.
Nei cittadini, se si esclude una piccolissima minoranza, non vi è chiara coscienza di quello che veramente succede in Italia. Vengono ingozzati fino alla nausea di ogni notizia che riguardi la vita intima e mondana della vipperia politico-mediatica ma nessuno li informa dei provvedimenti amministrativi e delle leggi che cambiano le carte in tavola, che determinano le loro speranze, i loro progetti, la loro salute, la loro vita e la loro morte.
Le strategie di sistematica distruzione di ogni forma di partecipazione democratica (chiusura delle sezioni, trasformazione dei partiti in clan familiari e/o in comitati elettorali, le leggi elettorali porcate), praticata negli ultimi decenni, a destra e a manca, con scellerata incoscienza, sta dando i suoi frutti velenosi. L’unica forma di partecipazione politica concessa alle masse, è una sorta di tifo da stadio praticato da supportes spesso prezzolati con regalie ed incentivi di ogni genere.
I cittadini italiani, in questo inizio di millennio, sembrano tanto completamente drogati ed imbambolati da affidare le loro speranze di futuro ai giochi d’azzardo (50 miliardi di euro spesi nel 2008), ai reality shows, alla protezione di un papi... Li abbiamo sentiti gli operai licenziati supplicare il presidente del consiglio come un novello san gennaro: aiutaci! noi ti abbiamo votato!
I cittadini italiani, operai compresi, sembrano tanto completamente imbambolati e drogati da non temere la crisi, la perdita del lavoro e dello stipendio, la mancanza di giustizia intesa sia come
diseguaglianza che come mancanza del servizio, la difficoltà e per alcuni l’impossibilità di coltivare un progetto di vita, le mafie e la disumanità delle periferie urbane. Il timore più forte, sapientemente
instillato e coltivato è per l’arrivo di qualche decina di migliaia di disperati della terra che rischiano la pelle per venire in Italia a trovare un tozzo di pane, ma anche a pagare i contributi per la pensione degli italiani. Per venire a dare assistenza ai loro vecchi e ai loro malati.
I cittadini italiani, in questo momento, non hanno coscienza della necessità ed urgenza di formare e rafforzare una nuova classe dirigente politica, ma anche se l’avessero non potrebbero ugualmente fare molto, privati del diritto di voto da una legge elettorale che, anche col referendum, vincano i si o i no, potrà solo peggiorare la situazione.
In questo momento storico è difficile che il sistema politico italiano sia in grado di riformarsi senza una forte scossa. Che si possano trovare all’interno di questo gruppo dirigente (di destra centro e
sinistra) le energie umane e culturali capaci non tanto di invertire la rotta quanto anche soltanto di bloccare un degrado che, con il progredire della crisi, apparirà sempre di più in tutta la sua crudezza. C’è una vera e propria difficoltà di lettura della realtà nel personale politico italiano. Una incapacità di comprendere e descrivere quello che avviene nel mondo. Tutto viene visto in maniera lattiginosa e vaga come vedono gli ammalati di cataratta.
Barack Obama ha detto: possiamo aumentare le tasse ai ricchi, possiamo avere un sistema sanitario che protegga tutti, possiamo fare la pace con gli arabi, possiamo avere diritti uguali per tutti, possiamo tagliare gli artigli ad un mondo di ticoons predatori, possiamo vivere insieme con Cuba, possiamo avere salari uguali tra donne e uomini... proponendo una vera e propria rivoluzione nei confronti di modelli che hanno dominato gli USA da sempre. Ha detto tutto questo, ha vinto ed
ora lo sta facendo.
Nella sinistra italiana tutto questo è stato tradotto con: “se pò ffà” che significava anche noi ce la possiamo fare a vincere le elezioni. Senza che neanche gli passasse per la testa di proporre qualche
cambiamento, nulla, nemmeno una virgola. “Se pò ffà” cosa? Nella destra ancora peggio. Fino al giorno prima tutti a leccare Bush, le sue guerre, la sua strategia armi, petrolio e truffe. Il giorno dopo tutti a magnificare Obama e a lanciare oscene identificazioni, ovviamente senza cambiare idea sulla guerra, sui musulmani, sulla finanza allegra, sulla eguaglianza.
Il panorama dei partiti (se si può ancora chiamarli così) in Italia appare veramente desolante. A destra un potere immenso legato a un uomo che, anche le vicende di questi giorni, hanno mostrato più volte ad un pelo (pardon!) dal rischio di perdersi e di perdere tutto. A destra ancora, un movimento (la Lega) che, nonostante i consensi ed il potere acquisiti non è riuscito ad uscire fuori dalla (parziale) rappresentanza di interessi localistici, sia pure di un’area importante come il lombardo-veneto, a meno che non si vogliano considerare brillanti soluzioni nazionali la legge elettorale, il federalismo e le ronde.
A sinistra va un po’ peggio. Per il PD c’erano grandi speranze a cui è corrisposta un altrettanto grande delusione. Raggomitolato su sé stesso non ha avuto tempo per proporre nessun cambiamento. Sbaglia comunque chi pensa che il nuovo Partito Democratico abbia fatto poco o niente. In appena due anni è riuscito a far fuori il governo Prodi, a buttare via dal parlamento la cosiddetta sinistra radicale e a portare al 10% Di Pietro. Non è poco. Se si gioca a perdere.
A sinistra del PD c’è un vuoto che declina il nome sinistra e si riunisce e si divide in un movimento caotico ed incomprensibile a tutti. La situazione è molto più pesante al sud ed in Calabria dove i soldi, il lavoro, i voti, per la maggior parte, costituiscono un mercato riservato e monopolizzato da mafie e consorterie che solo a volte agiscono in proprio e quasi sempre col mandato di potentati
politico-economici di Roma e del nord. Come è apparso chiaro dalle inchieste di De Magistris, come è apparso ancora più chiaro dalla rapina degli ultimi fondi europei per gli investimenti, utilizzati dal governo per pagare di tutto: dall’ICI dei ricchi, all’Alitalia, al terremoto, alle quote latte dei padani, senza che una sola voce si alzasse per protestare, per chiedere spiegazioni, quantomeno per informare i meridionali del furto.
Che fare? Non vi sono ricette. Non vi sono miracoli. Non c’è da aspettare nessun santo e nessun eroe. Non ci salverà nessuno se non lo faremo da noi. Utilizzando gli strumenti di sempre e quelli nuovi che abbiamo già a disposizione. Lo strumento della critica, la conoscenza e diffusione di
tutte le informazioni politiche. La solidarietà tra tutti quelli che subiscono sfruttamenti, truffe, ingiustizie, vessazioni, intimidazioni, arroganze indipendentemente dal lavoro che svolgono, dall’età, dal sesso, dal colore della pelle, dal fatto che abitino al nord o al sud.
La tolleranza e la pazienza per un confronto continuo tra tutti quelli che vogliono un mondo migliore. Ci sono tante strade per arrivarci ma se ne deve scegliere una e proseguire insieme. La non violenza soprattutto. Gandhi è riuscito a spodestare un impero, tanti altri hanno solo fatto dei morti. Ed infine, ma più importante di ogni altra cosa: il lavoro serio e costante per elaborare soluzioni e proposte. Il mondo migliore non deve essere un sogno, un sol dell’avvenire, ma un
progetto per l’oggi, o meglio un work in progress che ogni giorno si arricchisce di particolari e di miglioramenti.
Non è impossibile. Ma non è neanche facile. La vecchia abusata metafora del gigante dai piedi d’argilla non descrive bene la realtà. Il sistema di potere in Italia è una piovra immensa, con tentacoli e veleno, che tutto guasta e corrompe. Vive bene al buio, nella sporcizia. Ma non sopporta la luce del sole, l’aria aperta, la pulizia. E’ facile evitarla. Basta stare all’asciutto. E se tutti stanno all’asciutto non avrà di che nutrirsi. L’aria fresca, la luce del sole e la pulizia faranno il resto. La piovra si mostrerà per quello che è realmente: uno stomaco immenso con tanta schifezza dentro.
giovedì 3 settembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento